I 7 PILASTRI di Papa Francesco

la pedagogia secondo Bergoglio

Una corretta educazione a scuola e nelle famiglie forma una comunità sana, unita, con dei valori positivi. Per fare questo, secondo Papa Francesco, bisogna poggiare il processo educativo su sette pilastri.

La collana “Accènti a cura dell’autorevole rivista “La Civiltà Cattolica“, che ha come prima uscita un volume dal titolo “Giovani“, evidenzia quali sono questi capisaldi della pedagogia di Jorge Mario Bergoglio.

1) L’integrazione

La scuola secondo Bergoglio serve ad integrare, creare un senso di comunità, avvicinare e legare le persone. E’ un vero collante tra le relazioni sociali e il luogo dove esse maturano.

“Accenti” riporta un messaggio che l’attuale Papa scrisse a Buenos Aires nel 2002: «Il migrante dell’interno che arrivava nella città, e finanche lo straniero che sbarcava su questa terra hanno trovato nell’educazione di base gli elementi necessari a trascendere la particolarità della loro origine per cercare un posto nella costruzione comune di un progetto. Anche oggi, nella pluralità arricchente delle proposte educative, dobbiamo tornare a scommettere tutto sull’educazione».

2) La diversità

Altro pilastro su cui poggia una corretta educazione è il saper accogliere la diversità.

Nel 2006 Bergoglio affermava in un messaggio alle comunità educative della diocesi argentine: «Dialogo e amore implicano che nel riconoscimento dell’altro come altro vi sia l’accettazione della diversità. Soltanto così è possibile fondare il valore della comunità: non pretendendo che l’altro si sottometta ai miei criteri e alle mie priorità, non “assorbendo” l’altro, ma riconoscendo valido ciò che l’altro è (…)».

3) La sfida antropologica

Educare oggi significa saperlo fare. Per Bergoglio «le situazioni che viviamo oggi pongono sfide nuove, che a volte sono persino difficili da comprendere».

Il suo è un approccio realista: i destinatari sono bambini e ragazzi della generazione social, ai quali bisogna offrire i giusti metodi per apprendere i modelli educativi.

4) L’inquietudine

Educare per il Papa non significa adattarsi e adeguarsi agli altri. Ma significa accendere un “motore” in ognuno degli allievi. “Accenti” spiega bene il ragionamento di Bergoglio:

«Ciò che ricevo è mio solamente se attraversa la mia libertà. E non c’è libertà se non c’è l’inquietudine. Nulla è mio se non attraversa la mia inquietudine e tocca il mio cuore (…).

In particolare, ricevendo in udienza gesuiti e collaboratori della nostra rivista, aveva chiesto: «Il vostro cuore ha conservato l’inquietudine della ricerca? Solo l’inquietudine dà pace al cuore di un gesuita. Senza inquietudine siamo sterili».

5) Sorprendersi per la domanda

L’allora cardinale di Buenos Aires, in un messaggio alle comunità educative delle diocesi argentine del 2000, si appellava agli educatori dicendo di essere «audaci e creativi».

Nell’omelia della Messa per l’educazione del 18 aprile 2007, sempre nella capitale argentina, li spronava a farsi un «esame di coscienza» ed accogliere questo sollecitazione: «Abbiamo il cuore abbastanza aperto da lasciarci sorprendere ogni giorno dalla creatività di un bambino, dalle speranze di un bambino? Mi lascio sorprendere dai pensieri di un bambino? (..)».

6) I limiti

Stimolare l’inquietudine dell’allievo; accogliere sempre le sue domande; ma essere anche consapevoli dei suoi limiti.

Nell’esortazione apostolica Amoris laetitia – che può e deve essere letta anche come un testo di pedagogia si legge sempre su “Accenti” – il Papa afferma che la tenerezza «si esprime in particolare nel volgersi con attenzione squisita ai limiti dell’altro, specialmente quando emergono in maniera evidente» (AL 323).

7) Di generazione in generazione

La tesi di fondo della pedagogia di Bergoglio è che l’educazione non è una tecnica, ma una fecondità generativa.

Colpisce in particolare una sua espressione: «Dialogare è avere capacità di lasciare eredità». L’eredità è una cosa che passa di mano in mano all’interno di una famiglia. Specifica Bergoglio: «Nel dialogo recuperiamo la memoria dei nostri padri, l’eredità ricevuta… per farla crescere con noi…».

L’educazione, si legge su “Accenti”, è un fatto familiare che implica il rapporto tra le generazioni e il racconto di un’esperienza. C’è un ponte che va stabilito tra le generazioni. Ed è questo ponte a essere il contesto di un’educazione intesa come il passaggio di un’eredità viva.

L’eredità si accompagna sempre a un brivido, perché lega passato e futuro.