QUALE FUTURO VUOI

Andrea Pedrinelli da Avvenire martedì 26 luglio 2019

Ci sono canzoni che raccontano storie, e canzoni che sviluppano ragionamenti. Esistono canzoni che puntano soltanto sui sentimenti e sull’ottimismo, e altre che invece mettono in fila pensieri e denunce, smascherando i problemi e le tragedie. Poi, ci sono anche canzoni che sembrano limitarsi a fare domande a chi le sta ascoltando: e sono proprio queste, forse, quelle che più possono darci fastidio. Specie se le domande coinvolgono il senso della nostra vita, specie se – come in questo brano recente, e oseremmo dire universale, di Enzo Gragnaniello – l’autore butta là, fra esplicito e sottinteso, anche delle risposte. Non facili da mettere in pratica, certo, eppure nitidissime e sicuramente impossibili da eludere: come le domande, del resto. «Quale futuro vuoi, se non ti svegli mai? … Quale futuro vuoi, se pensi solo a te? …Se ami solo te? … Quale futuro vuoi, se guardi sempre a terra, se non guardi mai? … Quale futuro vuoi, se non conosci il male? … Se non conosci te? Quale futuro vuoi, se vuoi chi ti comanda? Quale futuro vuoi, se non conosci il mondo? Quale futuro vuoi, se non abbracci il vento? … Se non abbracci me? … Guarda prima dove sei nato! Prima ancora, tu chi sei stato… Guarda come fossi un altro… Guarda come fossi un altro: un altro, che sta guardando te».

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